DONAZIONE DEL CORDONE OMBELICALE

Con tale termine si intende la donazione del sangue di provenienza dalla placenta o dal cordone ombelicale. Dal sangue placentare è possibile prelevare le cellule utili al trapianto di midollo. La donazione del cordone ombelicale è semplice. Non comporta alcun rischio o sofferenza, né per il neonato né per la mamma, e può offrire a tante persone malate una speranza in più di guarire, perché il sangue del cordone ombelicale rappresenta una forma alternativa di cellule staminali e permette così ad un numero maggiore di pazienti di beneficiare di un trapianto. A parto avvenuto, solitamente il cordone ombelicale viene gettato. Si perdono così preziose cellule staminali (per intenderci, appunto, le stesse presenti nel midollo osseo) in grado di generare globuli rossi, globuli bianchi e piastrine. Circa il 50% delle persone affette da leucemie e linfomi, per le quali è necessario il trapianto di midollo osseo, non può disporre di un donatore compatibile in ambito familiare, né lo riesce a trovare tra i nominativi iscritti nei registri internazionali dei donatori volontari. Per tutte queste persone, il sangue del cordone ombelicale può essere un valido sostituto del midollo nel trapianto ed una donna che decide di donare quel sangue offre a diversi malati una speranza in più di guarire. In futuro il sangue del cordone ombelicale potrà forse rappresentare una fonte di cellule staminali importantissima per curare le lesioni vascolari o cerebrali, il diabete, il morbo di Parkinson e la distrofia muscolare. La donazione del cordone ombelicale è semplice e,come già detto, non comporta alcun rischio o sofferenza, né per il neonato né per la mamma. Il tutto avviene infatti direttamente in sala parto, quando il cordone ombelicale è stato già chiuso e reciso e il bambino già affidato alle cure dell’ostetrica e del pediatra. Mentre la placenta è ancora in sede si collega sterilmente il cordone con una apposita sacca dove si raccoglierà il sangue senza che il procedimento comporti alcun fastidio alla mamma. La sacca viene poi inviata alla banca del sangue cordonale dove, se idoneo, verrà congelato a -190°C per un tempo illimitato, rimanendo in attesa di essere utilizzato per un eventuale trapianto, mantenendo la sua capacità di proliferare e dare origine alle cellule del sangue una volta scongelato. Il sangue può essere usato solo se privo di agenti infettivi. Per questo, la donna che ha dato il suo consenso alla donazione deve sottoporsi a due prelievi, uno al momento del parto ed uno sei mesi dopo. Trascorso tale periodo, inoltre, deve essere disposta a dare informazioni sulle condizioni del bambino.
Se si decide per la donazione, è sufficiente firmare il modulo per il consenso e per la raccolta della storia clinica per escludere che vi siano patologie familiari ereditarie eventualmente trasmissibili col sangue placentare. E’ altrettanto importante escludere la presenza di patologie della gravidanza e del parto, che controindichino il prelievo. La donazione non può essere effettuata nei seguenti casi: età gestazionale inferiore alle 35 settimane, presenza di febbre, presenza di meconio nel liquido amniotico, immunizzazione eritrocitaria, anemia materna, sofferenza fetale al momento del parto,malformazioni congenite o patologie ereditarie a carico del neonato. Il sangue placentare può trasmettere malattie virali e/o genetiche ai riceventi, pertanto non possono donarlo le donne affette o portatrici sane di malattie virali (epatite B e C, malattie veneree, AIDS), affette da malattie genetiche o da malattie del sistema immunitario. Sono escluse dalla donazione anche le donne che rientrano in categorie a rischio per la trasmissione di infezioni virali per una delle seguenti situazioni: trasfusioni, comportamenti sessuali a rischio proprio o del partner, tatuaggi, piercing, uso di droghe, partner affetto o portatore di patologie virali o genetiche.